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Branding e brand identity: com’è nato, dove sta andando
31/10/2019 Branding e brand identity: com’è nato, dove sta andando

Branding e brand identity: com’è nato, dove sta andando

Branding e brand identity: com’è nato, dove sta andando

Branding e brand identity non sono “scoperte” recenti – 4beards guideline.

Il concetto di brand come lo intendiamo oggi ha cominciato a prendere forma fin dal XVI secolo e, dal XVIII secolo, in Francia e in Inghilterra c’è stato un vero fermento di teorie sull’argomento.
Ma è a partire dal XX secolo che le cose si fanno interessanti.

Dagli anni Cinquanta a oggi
È all’inizio degli anni Cinquanta che Martineau inizia ad esplorare il concetto di brand personality, brand building e branding, la pratica cioè di attribuire a una marca una serie di caratteristiche umane per favorire il coinvolgimento emotivo del consumatore. Come lo fa? Rilevando che, in presenza di due negozi simili e con gli stessi prezzi, a parità di servizio e qualità di prodotti, gli acquirenti hanno comunque un negozio preferito. Quale? Quello con la “personalità” più simile alla loro.

Un altro concetto nato in quegli anni è la brand loyalty, cioè la fedeltà alla marca.
Cunningham, nel 1956, conferma che gli investimenti in branding delle grandi aziende stanno dando buoni frutti: le sue ricerche, infatti, dimostrano che le persone sono fedeli alla marca oltre il 90% delle volte in cui acquistano oggetti di uso quotidiano.

Una dimostrazione confermata nel 1965 da Marquardt, che rivela la preferenza dei consumatori per i prodotti di marchi conosciuti: solo il 25% dice di non prestare attenzione alla marca, ma solo al prezzo più conveniente.

Tra gli anni Settanta e Novanta l’attenzione dei brand si sposta dal prodotto ai valori intangibili del marchio, alle caratteristiche distintive rispetto ai competitor e al servizio offerto. Si apre quindi la strada allo storytelling e alla creazione di valore per i clienti attraverso rappresentazioni visive, testuali, sonore che un brand crea per emozionare e coinvolgere il pubblico.
Uno dei più famosi esempi di storytelling degli ultimi anni è lo spot Volvo con Jean Claude Van Damme e il suo “epic split”.
Il colpo di genio? Allo spettatore non viene detto che con i camion e le macchine Volvo sono sicuri: il concetto è trasmesso con umorismo e perfetto aplomb dal divo e dalle sue gambe “fatte per sfidare le leggi della fisica”.

Dal branding al de-branding
Dagli anni ’90 cambia il rapporto con i brand: le persone diventano più critiche e meno disposte a condonare le azioni di alcuni colossi del marketing. Un esempio su tutti: le proteste contro gli eventi sportivi scolastici sponsorizzati da Coca Cola.

A complicare ulteriormente le cose, Internet è diventato accessibile a tutti: secondo gli ultimi dati, il millenial medio trascorre fino a 18 ore connesso ai device. Una ghiotta occasione per i brand di promuovere il più possibile i propri prodotti.

Quindi, la tattica iniziale è stata dissimulare i messaggi pubblicitari all’interno di contenuti utili e interessanti per l’utente. Questo è l’approccio del native advertising, che propone contenuti brandizzati quasi indistinguibili da quelli della piattaforma in cui sono inseriti.
Una strategia non del tutto vincente, dato che siamo diventati sempre più abili a individuare questo tipo di messaggi, a criticarli e infine a ignorarli.

Cosa chiediamo, oggi, ai nostri brand preferiti? Sincerità, autenticità, emozioni. Vogliamo identificarci con i valori promossi dal marchio: per questo i brand hanno imparato a mettere in primo piano le persone, non il prodotto. Da qui la necessità di andare verso il de-branding, la rimozione del logo e del nome dell’azienda da una campagna di marketing per rivolgersi a un pubblico il più ampio possibile e dare credibilità alla comunicazione.
Il potere non è più nelle mani dell’azienda, ma delle persone.

Non è un caso che si stia passando dallo storytelling al permanent storydoing, che consente di partecipare attivamente ai valori del brand, conoscerne i progetti, avere con esso un rapporto alla pari.

Approfondimenti sul tema branding

1) Lo storytelling è lo strumento giusto per creare brand value e battere la concorrenza.

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